VIDEOGIOCHI: Microtransazioni e loot boxes: esistono collegamenti col mondo del gambling?
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Il mondo del gioco è sempre più al centro del dibattito, nel bene e nel male. Negli ultimi tempi si è levata alta la voce di organizzazioni e figure politiche che stanno tentando di rendere noti gli effetti negativi che le microtransazioni hanno nei videogiochi. Si tratta dei free-to-play ma non solo. Videogiochi, app, non importa: le microtransazioni sono oggi una realtà dei prodotti videoludici, sfruttate dalle case di produzione per allargare i propri introiti. Si tratta – nel caso delle microtransazioni – di piccole cifre in denaro da investire per ottenere contenuti esclusivi. Una sciocchezza per la maggioranza degli utenti, un enorme salvadanaio per le case produttrici di titoli. Innocuo, apparentemente. Allora dove è il problema?
Loot Boxes, il pomo della discordia
Che si chiamino casse premio, contenitori di skin e quant’altro non importa. La questione microtransazioni diventa problematica quando in gioco entrano le cosiddette “loot boxes”, autentiche casse che contengono oggetti da gioco casuali, rari o comuni che siano. Si tratta unicamente di oggetti virtuali: armi negli sparatutto, equipaggiamento nei giochi d’avventura, palloni da calcio o divise o contenuti esclusivi nei giochi di simulazione sportiva. Il problema anche qui è apparentemente inesistente ma c’è: studi recenti dimostrano che tra le loot boxes e i problemi di gioco ci sia uno stretto legame. In particolare, quando le loot boxes servono per prodotti extra nel mondo del gioco d’azzardo. Se i giocatori spendono, c’è un serio rischio di aumento dei problemi “da gambling”.
Il caso loot boxes nel mondo del gioco
Un’analogia chiara ed evidente soprattutto nel campo della psicologia comportamentale. Generalmente le dipendenze si riversano sempre nei confronti di qualcosa di immateriale. Appunto oggetti virtuali e quant’altro. Ma nel caso della dipendenza da gioco, individuare chiaramente il fenomeno è qualcosa di complesso: difficile stabilire una dipendenza da gaming o da gambling. A rischiare sono tutti, ma i più esposti sono i giovani. Questo ha portato molti stati a bandire le loot boxes. La questione è in fase di discussione anche negli USA, mentre altrove – in Italia per esempio – è un problema ancora lontano.
Il problema ingrandito
Il problema c’è, va risolto. Ma vanno fatti i conti con un mercato – quello dei giochi – in perenne espansione e dai confini sempre più larghi: oggi esistono tipologie di gioco, i free to play su tutti, prima sconosciuti. Ciò rende quello delle loot boxes un problema ingrandito. Perché entra in gioco anche la mente: la dopamina è stimolante prezioso per i giocatori, a maggior ragione davanti a loot boxes rare. Le conseguenze sono varie e spaziano dalla ludopatia a reati di cui è facile rimanere vittime sul web, oggigiorno. Mentre gli Stati – non tutti – dibattono sul problema, la questione resta aperta. Soprattutto sugli impatti che può avere – da qui al futuro – nella vita sociale di più di tre miliardi di individui.
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