STRADELLA 14/07/2022: Reati tributari. La Finanza arresta commercialista. Indagati 3 imprenditori. Sequestrati beni per 7 milioni
STRADELLA – Nella mattinata odierna la Guardia di Finanza, su delega della Procura della Repubblica di Pavia, ha dato esecuzione ad una ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali emessa dal G.I.P. del Tribunale di Pavia, che ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di un commercialista pavese e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per tre imprenditori, a vario titolo indagati per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, reati di emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione di crediti Iva inesistenti, false comunicazioni sociali, nonché il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per oltre 7 milioni di euro.
Lo rende noto un comunicato del procuratore Fabio Napoleone.
La misura cautelare rappresenta l’epilogo di un’articolata indagine svolta dalla Guardia di Finanza di Voghera, coordinata dalla Procura della Repubblica di Pavia, “che ha consentito – scrive la Procura – di disarticolare un sodalizio criminale tra professionisti, soggetti con il ruolo di prestanome e imprenditori attivi nel settore edile, della consulenza amministrativa, pubblicità, tutti operanti tra le province di Pavia, Milano nonché presso sedi Napoli, Torino e Monza Brianza.”
“Le attività investigative – spiega il Procuratore – hanno inizialmente riguardato una società di costruzione pavese, fittiziamente amministrata da un cittadino sudamericano, ma di fatto gestita da un commercialista pavese (un 68enne di Stradella) e un imprenditore italiano, i quali hanno simulato l’operatività dell’impresa annotando in contabilità fatture passive inesistenti per oltre 13 milioni di euro, emesse da società “fantasma” poiché cessate o fallite anche svariati anni prima rispetto alla data indicata sulle fatture false.”
“I finanzieri – spiega ancora il Procuratore nel comunicato – hanno appurato che l’inesistente credito IVA scaturito è stato prima fraudolentemente certificato dal commercialista arrestato e da altro professionista, e poi utilizzato in compensazione o venduto a terzi attraverso lo strumento
dei cosiddetti “contratti di accollo”. determinando un’evasione fiscale da mancato pagamento delle imposte, indebitamente compensate, per una cifra pari a circa 1 milione e
mezzo di euro.”
Secondo la Procura, “Le indagini svolte hanno fatto emergere anche numerose anomalie fiscali riguardanti diversi clienti del professionista arrestato. Infatti, gli ulteriori approfondimenti investigativi, scaturiti dall’analisi dell’operatività della società di costruzioni pavese, hanno consentito di disvelare un vero e proprio schema evasivo costituito da un network di società fittizie aventi quale unica finalità imprenditoriale l’emissione di fatture false per un importo complessivo a circa 9 milioni di euro, con un’iva evasa pari a circa 1 milione di euro.”
Lo “schema criminale” prevedeva, – aggiunge il Procuratore – che le società riconducibili agli arrestati emettessero fatture false nei confronti di numerose imprese operanti tra Lombardia, Piemonte e Campania; successivamente, ciascun soggetto cliente provvedeva al pagamento della fattura falsa attraverso bonifici bancari, per poi vedersi restituita la somma di denaro, previo prelevamento in contanti dell’intero importo, al netto del corrispettivo per il servizio pari al 5-9% dell’imponibile.”
Oltre a ciò, le attività investigative dei finanzieri, conclude il Procuratore, “hanno consentito di accertare la sistematica falsificazione dei bilanci delle società coinvolte nel descritto schema fraudolento, finalizzata principalmente a garantire una giustificazione contabile alle condotte di evasione fiscale perpetrate dalle società coinvolte, ovvero ottenere ulteriori indebiti risparmi di imposte in realtà dovute, ad esempio attraverso la sopravvalutazione delle rimanenze.”
PRESUNZIONE DI INNOCENZA
Si ricorda che nel sistema penale italiano vige la “presunzione di innocenza” fino a sentenza definitiva. Principio sancito dall’articolo 27 della costituzione italiana, secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.
La testata resta a disposizione di quanti chiamati in causa vorranno intervenire sul caso in questione.
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