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PAVIA PROVINCIA 24/03/2022: Sabato e domenica le Giornate FAI di Primavera. Sei i luoghi aperti al pubblico. Eccoli

Marzo 24
12:54 2022

PAVIA PROVINCIA Sabato 26 e domenica 27 marzo 2022 anche in provincia si terranno le Giornate FAI di Primavera.

Sei i luoghi aperti al pubblico.

Uno a Cigognola (Castello). Uno a Santa Giuletta (Palazzo Isimbardi). Uno a Pavia (Santa Mara alle Cacce). Uno a Sartirana Lomellina (La Pila del Castello e il Borgo). E due a Pieve Porto Morone (Chiesa di san Vittore-Resti del Castello e Palazzo Capelli e il Borgo).

Ecco le descrizioni offerte dal Fai.

CIGOGNOLA

Il Castello svettante sulle colline dell’Oltrepò Pavese

, oggi residenza privata, coniuga passato e presente intrecciando in un perfetto connubio storia e modernità. La posizione dominante rivela la sua originaria natura difensiva, a cui si affiancò quella di controllo delle sottostanti vie di comunicazione; oggi si apre sulla Valle Scuropasso, terra accarezzata dai vigneti, e proprio i filari di viti fanno da corolla a questo meraviglioso maniero.

Risalente ad un’epoca ancora precedente, il Castello di Cigognola viene nominato per la prima volta in documenti del XIII secolo. Nel medioevo la Rocca fu contesa tra varie famiglie, quali i Sannazzaro, i Beccaria e i Visconti, per trasformarsi in una vera e propria corte umanistica nel Rinascimento. Nel XVIII sec. passò a Barbara D’Adda e quindi a suo figlio, Alberico Barbiano di Belgiojoso. Con Napoleone, il bene passò ai Gazzaniga ed infine ai Bricchetto Arnaboldi. Nel XIX secolo Don Carlo Arnaboldi-Gazzaniga, come era d’uso a quell’epoca, rimaneggiò la struttura in chiave neogotica aggiungendovi merlature ghibelline, stemmi e decorazioni di varia natura. Nel ‘900, nel salotto letterario di Mimmina Bricchetto Arnaboldi si potevano incontrare personalità come Montale, Quasimodo, Croce e Bacchelli. Nel 1982 un incendio danneggiò pesantemente l’edificio, appena acquistato dai coniugi Moratti; si decise allora di affidare la ricostruzione a Renzo Mongiardino, architetto e maestro del decòr storicistico, ed è così che rinascono ambienti luminosi in cui trovano spazio arredi ed opere d’arte di pregio.

Il Castello di Cigognola è oggi un complesso cinto dalle mura e protetto da un terrapieno. Svetta l’alta torre merlata a base quadrata, con lunghi beccatelli e merli ghibellini, frutto di un rimaneggiamento ottocentesco. Un cortile interno di forma poligonale dà accesso al castello che ha una pianta molto articolata, anche se il complesso appare comunque massiccio, tipico di una struttura nata con funzione difensiva. Gli interni sono stati recentemente restaurati e arredati con gusto.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

Visiteremo il Castello, residenza privata non accessibile al pubblico ed eccezionalmente aperta per gli iscritti FAI; vi mostreremo alcune camere tra cui il Salone della Caccia, la Biblioteca, la Sala del biliardo, raccontandovi la storia di questo maniero, la sua importanza all’interno della rete difensiva dei feudi oltrepadani e la sua trasformazione in abitazione privata che oggi è anche sede di una cantina. Ci soffermeremo sull’ultimo restauro, diretto dall’architetto Mongiardino. Molte maestranze che qui hanno lavorato per ridare vita a soffitti e interni confluiranno nella scuola d’arti e mestieri della Comunità di San Patrignano, a cui la famiglia di Gian Marco e Letizia Moratti, proprietari del Castello, è particolarmente legata.

ORARI

Sabato: 10:00 – 13:00 / 14:00 – 17:30
Note: Massimo 15 persone per turno

Domenica: 10:00 – 13:00 / 14:00 – 17:30
Note: Massimo 15 persone per turno

SANTA GIULETTA

Palazzo Isimbardi

si trova nella frazione Castello a Santa Giuletta, lungo l’antica via Postumia. E’ un grandioso complesso di 3.400 mq sviluppati su 4 piani,con varie stanze, una cappella con loggiato dedicata a Santa Caterina e, a livello delle cantine, l’antica ghiacciaia; circondano il palazzo 40.000 mq di parco.

Risalente al medioevo, citato nel diploma di Federico I Barbarossa del 1164, il Castello con il suo territorio venne assegnato ai Beccaria nel 1290 e nel 1360 per volontà dei Visconti venne rafforzato. Nel 1694 il feudo, ormai contea, fu alienato a G. B. Trotti e G. P. Isimbardi; alla fine del 1700 passò definitivamente agli Isimbardi che trasformarono il Castello in una villa neoclassica. Disabitata negli ultimi decenni del ‘900, nel 2017 è stata acquisita dall’attuale proprietà che ha come obiettivo quello di dare una nuova vita al Palazzo, con progetti innovativi aperti alle idee della collettività.

Il grande complesso trasformato dagli Isimbardi e oggi restaurato presenta saloni di rappresentanza, antiche cucine, soffitti a cassettoni lignei, dipinti, marmi, gessi e stucchi, oltre a un parco con alberi secolari. Adiacenti al palazzo, una villa Liberty, le ex abitazioni del fattore e del personale di servizio, il ricovero delle carrozze e le stalle. Nelle ampie cantine sono riconoscibili le fondamenta dell’antico castello medievale.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

Durante le Giornate FAI visiteremo gli ambienti più belli di Palazzo Isimbardi, proprietà privata mai aperta al pubblico. Potremo ammirare il parco, dominato da un meraviglioso cedro del Libano; visiteremo le ampie e articolate cantine, con ambienti di vario tipo, tra cui un cantinone medievale che dà accesso alle antiche prigioni. Accederemo alla villa in cui potremo ammirare ampi saloni in stile neoclassico, i soffitti a cassettoni con decorazioni geometriche e floreali, le cucine e la cappella. Scopriremo anche quali progetti stanno accompagnando l’acquisto ed il restauro del bene.

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 17:30
Note: Massimo 25 persone per turno

Domenica: 10:00 – 12:30 / 14:00 – 17:30
Note: Massimo 25 persone per turno

PAVIA

La chiesa di Santa Maria alle Cacce

e il suo piccolo chiostro si trovano nel centro di Pavia, in via Antonio Giovanni Scoppoli (10f), vicino alle Mura spagnole. Il piccolo chiostro insieme a quello che rimane del monastero di Santa Maria alle Cacce è sede, oggi, della scuola media Felice Casorati.

La chiesa oggi nota come Santa Marie delle Cacce, originariamente denominata Santa Maria fuori Porta, sorse VIII secolo all’esterno delle mura cittadine, nei pressi della Porta Palacense. La datazione all’VIII secolo è certamente attestata dall’evidenza architettonica ed archeologica, pur mancando un atto di fondazione della chiesa e dell’annesso monastero e pur essendo le fonti scritte relative alle origini piuttosto labili. I cronisti pavesi hanno sempre attribuito la fondazione della chiesa a re Ratchis (744-749). Allo stato attuale delle conoscenze, tuttavia, pare irrefuttabile la fondazione da parte del meno famoso Ragimpertus, che fu sovrano dei longobardi per pochi mesi dell’anno settecento. Di contro alla povertà delle testimonianze documentarie relative alle origini di Santa Maria fuori Porta, le evidenze materiali ancora in loco confermano la datazione della chiesa all’VIII secolo e di imputarla a una probabile fondazione regia. Seppure inglobati nel guscio architettonico seicentesco (la chiesa fu ricostruita a partire dal 1629) o ridotti ai minimi termini dalle trasformazioni novecentesche (che fecero del coro delle monache la sede di un sacrario fascista), sussistono importanti indizi di antichità dell’edificio. Una finestra in mattoni, una colonna in marmo con capitello corinzio, una cripta tra le più suggestive e i resti di un abside sono i pezzi da ricomporre in un unico insieme per un ideale restituzione dell’aspetto della chiesa longobarda. Sulla fiancata della chiesa lungo via Scoppoli sono visibili i resti di una grande finestra realizzata in laterizio, profondamente incassata nella muratura, caratterizzata da un doppio profilo e inquadrata entro un’arcata. L’analisi del materiale di costruzione e delle malte di coesione rende plausibile la datazione del manufatto all’VIII secolo. Inoltre, fino al 1935 lungo la parete settentrionale erano visibili altre due arcate analoghe a quella che incornicia la finestra, occultate nei lavori di adattamento del complesso a sacrario fascista.

Il lato nord della chiesa longobarda era verosimilmente caratterizzata da una partitura di lesene che salivano a comporre arcature inquadranti finestre a pieno centro. Una scansione muraria sifatta è osservabile a Pavia nella chiesa di San Felice e a Brescia lungo il fianco meridionale della basilica di San Salvatore. Tuttavia, si è oggi concordi nel sostenere che l’esempio di Santa Maria alle Cacce si configura per la qualità stilistica come immediato precedente rispetto all’istituzione bresciana (la cui costruzione si colloca al 750). Pertanto anche il dato architettonico avvalla l’ipotesi della fondazione della chiesa pavese all’inizio dell’VIII secolo. Partendo dalla facciata la finestra sopravvissuta poteva essere la terza di una serie di nove aperture con relativi arconi corrispondenti a 10 compatte interne. La terminazione orientale della chiesa è nota, poiché ancora si conserva la cripta. Complessivamente Santa Maria fuori Porta doveva essere lunga circa 33 metri e larga 15. Notevoli per l’VIII secolo le dimensioni che, da un lato, denotano capacità tardo longobarde ancora sottovalutate, e dall’altro ci spiegano nel contesto di una committenza reale. La chiesa aveva pianta basilicale, internamente articolata in tre navate. Una delle colonne che dividevano la navata principale da quella di sinistra si trova miracolosamente ancora in loco, parzialmente inglobata nella muratura, settentrionale del coro dell’VIII secolo. Essa presenta un fusto in marmo bianco con venature grigiastre, sormontato da un grande capitello corinzio adorno di foglie d’acanto. La colonna è stata datata al VI secolo: si tratta qui di di materiale di recupero riutilizzato nella costruzione di epoca longobarda. La terminazione triabsidata della chiesa longobarda, già testata dalla forma della cripta sottostante, è stata avvalorata dall’eccezionale ritrovamento di resti dell’absidiola meridionale. Quanto alla cripta, essa è costituita da un corridoio rettilineo su cui si innesta verso oriente una grande abside centrale, fiancheggiata de un‘abside di minore dimensioni a destra. Un’altra absidiola conclude la testata del corridoio a sud. Tale schema si ripeteva specularmente alla sinistra dell’abside maggiore ma oggi, purtroppo, la porzione settentrionale della cripta non è più visibile, poiché fu nascosta sotto terra dagli interventi degli anni Trenta del XX secolo. La parete occidentale del corridoio è scandita da quattro nicchie semicircolari (la quinta verso nord è stata occultata) e da altre piccole incavature di forma rettangolare che probabilmente servivano per appoggiare le lampade. Si scendeva nella cripta mediante due accessi aderenti alle navate laterali. Oggi rimane solo l’ingresso meridionale. La cripta subì una prima ingente manomissione nell’VIII secolo quando, per realizzare il coro, il soprastante presbiterio venne abbassato con conseguente perdita del soffitto della cripta stessa. Dagli indizi ancora conservati nella muratura si può ipotizzare che il corridoio presentasse una volta a botte intersecata da lunette in corrispondenza delle semicalotte delle nicchie e delle absidiole. E’ più complicato immaginare il sistema di copertura dell’abside maggiore dove forse esisteva un vano di circolazione, come in Santa Apollinare Nuovo di Ravenna oppure si trovavano pilastri isolati e volte a crociera. Ancora, la scoperta dei resti in alzato dell’abside minore meridionale della chiesa originaria (vi si accede dal chiostro) non lascia più dubbi in merito al fatto che gli elementi antichi fin qui analizzati vadano letti come pertinenti ad un medesimo momento costruttivo, collocabile all’inizio dell’VIII secolo. La curvatura dell’absidiola di destra è concentrica e contiene il giro dell’abside minore della cripta. Nella sua muratura si ravvisa materiale eterogeneo, molto di reimpiego, tra cui manubriati romani che, leggermente sporgenti, componevano una lesena, probabilmente indizio di una partitura ad arcate cieche.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

L’apertura durante le Giornate Fai permetterà di visitare la chiesa di Santa Maria alle Cacce, bene solitamente chiuso e non fruibile. Durante le Giornate Fai saranno eccezionalmente aperti la chiesa e il suo piccolo chiostro, situato all’interno della scuola media Felice Casorati. Al momento il Comune sta valutando possibili interventi di valorizzazione. La nostra apertura darà ancora maggiore visibilità all’importanza di interventi in questo luogo

Testo scritto da Gruppo Fai Giovani di Pavia

ORARI

Sabato: 14:00 – 18:00
Domenica: 10:00 – 13:00 / 14:00 – 18:00
Note: Turni ogni 30 minuti, gruppi di massimo 15 persone

PIEVE PORTO MORONE

Il paese di Pieve Porto Morone

si trova nel Pavese sudorientale, a breve distanza dalla riva sinistra del Po, al confine con la provincia di Piacenza. La posizione strategica ha determinato la fortuna del borgo nel corso dei secoli, ma allo stesso modo ne ha fatto terra di contesa e conquista. Il toponimo deriva dall’essere stato in tempi antichi sede di una pieve con la funzione di parrocchia plebana e di un attivo porto fluviale lungo il fiume Po, posto sul cammino che i pellegrini percorrevano per raggiungere Roma e sugli itinerari di mercanti e truppe. Il paese era infatti un centro di barcaioli dediti al trasporto di persone e merci tra una riva e l’altra del fiume, collegando le arterie della valle padana a nord, alla via Emilia a sud del grande fiume. L’appellativo Morone, aggiunto al nome, richiama invece al termine dialettale “mùron”, indicante la pianta del gelso, la cui coltura un tempo era molto diffusa nella zona.

Le origini del paese sono molto antiche: il rinvenimento di vari reperti archeologici, tra cui alcune tombe di epoca gallo-romana, una necropoli del II secolo d.C. e tratti di un’antica strada, rendono infatti certa la presenza romana nella zona. Nel 1014 l’imperatore Enrico II concesse il paese al monastero pavese di San Felice. Apparve con il nome di Plebs Portus Moroni nel diploma con cui, nel 1164, l’imperatore Federico I concesse a Pavia la giurisdizione dei territori dell’Oltrepo pavese, della Lomellina e di alcune località periferiche del basso pavese. Fu tra i possedimenti dell’antica abbazia di Santa Cristina di Olona, il vicino monastero di origine longobarda. Successivamente fu signoria dei Conti Rovescala, discendente dei conti di Pavia e appartenenti ad una ramificazione dei Conti palatini di Lomello. La prima notizia del loro insediamento a Pieve risalirebbe al 1228, da questa data l’abitato appartenne alla “Campagna Sottana Pavese” e, come molti paesi circostanti, nel XV secolo fu incluso nel Vicariato di Belgioioso (con capoluogo Corteolona) che venne infeudato ad un ramo cadetto della casa ducale degli Estensi, confluendo per matrimonio nel 1757 nel principato dei Barbiano di Belgioioso. Il 1700 fu per Pieve un secolo particolarmente difficile a causa delle guerre fra austriaci e spagnoli che si contendevano la sua posizione strategica come confine di Stato sul fiume, che arrecò problemi di natura difensiva fin dalla sua origine. Si racconta che nel 1702 i soldati imperiali, diretti alla conquista di Pavia, saccheggiarono l’abitato di Pieve e poi si hanno notizie di un’ingente devastazione ai danni del paese e del suo territorio da parte delle truppe franco-ispaniche uscite sconfitte dopo uno scontro con gli austriaci nel 1745, che, prima di traghettare sul Po e scappare, decisero di perpetrare ogni sorta di ruberie nel piccolo abitato.

PIEVE PORTO MORONE

Palazzo Capelli è una splendida dimora signorile,

che appartenne dall’inizio del ‘800 alla famiglia dei Conti Gallarati-Scotti, alla quale rimasero a lungo infeudate alcune terre limitrofe al paese di Pieve Porto Morone, comprese quelle del vicino paesino di Zerbo, del quale furono Signori. L’edificio risale ai secoli XVII e XVII; su un cartiglio affrescato in uno dei vani del sottotetto è raffigurato l’anno 1618. Il palazzo si trova al centro del paese e probabilmente fu eretto per rimpiazzare il castello, irrimediabilmente distrutto in seguito ai vari eventi militari. Le vestigia dell’antico fortilizio sono infatti ubicate a pochi metri di distanza dal portale d’ingresso del palazzo, su lato opposto della medesima strada. Il portale principale armonico ed elegante in stile seicentesco dalla pubblica via conduce alla corte nobile, su cui si apre l’edificio principale lungo 70 metri e due ali appena accennate; al centro del cortile nobile c’è un ampio loggiato a tre arcate con volte a tutto sesto, sorrette da quattro colonne. Sul retro del palazzo, dalla parte opposta alla corte nobile, esiste un vasto parco, tutto cinto da alte mura, che una volta era ricco di viali, aiuole fiorite, piante ornamentali e statue, di cui si vedono ancora alcune tracce. Rimane ancora il rigagnolo che attraversa il parco e sfocia in un laghetto decorato con un balconcino a sbalzo sull’acqua. All’interno ci sono una trentina di locali, alcune con soffitti a cassettoni e altri con soffitti a travi di legno. Le pareti delle sale sono ricche di affreschi in gran parte rifatti su preesistenti di epoca seicentesca, che ritraggono scene raffiguranti le stagioni e motivi romantici medioevali, giochi fra dame e cavalieri o visioni venatorie nei tipici costumi dell’epoca seicentesca. Anche il palazzo Gallarati-Scotti subì furti e angherie durante i saccheggi che interessarono il paese nel secolo XVIII.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

Il percorso di visita partirà dalla corte di Palazzo Capelli, dove verrà raccontata la storia del borgo – le cui origini risalgono all’epoca romana – lo sviluppo dell’abitato con la costruzione del castello dei Conti Rovescala (oggi purtroppo scomparso); si entrerà quindi all’interno del sontuoso Palazzo, per scoprirne i saloni e gli ambienti al piano terreno, tutti affrescati, e le camere da letto del primo piano, con la celebre “camera dell’Amore”. Ci si affaccerà anche sull’immenso parco privato, arricchito da essenze secolari, viali alberati e un laghetto.

Testo scritto da Delegazione FAI Pavia

VISITE A CURA DI

Volontari FAI

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Note: Turni di visita ogni 30 minuti.

Domenica: 10:00 – 18:00
Note: Turni di visita ogni 30 minuti.

PIEVE PORTO MORONE

La Chiesa Parrocchiale dedicata a San Vittore Martire

è stata da sempre molto importante ed ufficiata da parecchi sacerdoti (nel 1700 se ne contavano addirittura 10) ed era a capo di una vasta circoscrizione comprendente numerose parrocchie del circondario. L’attuale edificio è stato eretto in stile tardo barocco nella prima metà del XVIII, rialzato dalla strada per il pericolo delle inondazioni e ad una sola navata con sei cappelle laterali comunicanti fra loro. La precedente chiesa medioevale era di dimensioni inferiori e costruita a piano strada. Essa venne demolita proprio per proteggere la struttura e la popolazione durante le inondazioni. Per capirne la dimensione, si possono vedere attraverso delle grate sul pavimento 5 delle basi dei pilastri reggenti le volte e parte dei muri perimetrali ritrovati nel 2000 durante i lavori di rifacimento della pavimentazione interna. I lavori per la costruzione della nuova chiesa iniziarono nel 1724 con l’innalzamento del campanile e terminarono nel 1754, quando il resto della chiesa fu completato. Nella descrizione dell’inondazione del 1791 che distrusse parte del paese, si legge che la maggior parte della popolazione si rifugiò nella chiesa salvatasi dalla calamità perché costruita rialzata rispetto alla strada e separata da essa dal sagrato anch’esso sopraelevato e raggiungibile attraverso una scalinata, come si può ancora oggi constatare. Il Castello dei Conti Rovescala dovrebbe risalire al secolo XV; sembra che già nel 1447 la costruzione fosse degradata, in quanto oggetto di contesa tra i Signori in lotta per il suo possesso. Dopo aver subito gravi offese dalle milizie piacentine, venne ristrutturato nel 1492 dal Conte Bonifacio Rovescala. Era un fortilizio a pianta quadrilatera irregolare. Dell’originale costruzione mancano tre lati su quattro e ciò che rimane è stato riadattato nei secoli successivi come abitazioni private. La particolarità è che sopravvive il piano seminterrato completo per tutto lo sviluppo in pianta e costituisce gli scantinati di varie abitazioni, in alcuni casi collegati fra loro. Si trovarono anche cunicoli a fondo cieco che costituivano i collegamenti con altri fortilizi della zona e due pozzi a carrucola di origine molto antica.

COSA SCOPRIRETE DURANTE LE GIORNATE FAI?

La visita inizierà sul sagrato della Chiesa Parrocchiale di San Vittore, per poi procedere all’interno e ammirare la chiesa in stile tardo barocco eretta nel XVIII secolo su una precedente chiesa, della quale rimangono visibili, attraverso grate nel pavimento, le basi dei pilastri centrali con tracce di affreschi. Di particolare pregio l’affresco della Madonna delle Rose e lo splendido e imponente organo Amati. Ci sposteremo quindi nell’area dove sorgeva l’antico Castello Rovescala, del quale rimane il piano seminterrato completo per tutto lo sviluppo in pianta, che costituisce gli scantinati di alcune abitazioni, in alcuni casi collegati tra loro. Si trovarono anche cunicoli a fondo cieco di collegamento con altri fortilizi della zona e due pozzi a carrucola. Con attenzione e a piccolissimi gruppi scenderemo nel seminterrato per visitare le fondamenta e le cantine, che andremo ad esplorare per ricostruire la planimetria dell’antico maniero.

Testo scritto da Delegazione FAI Pavia

ORARI

Sabato: 00:00 – 00:00 / 14:00 – 18:00
Note: Turni di visita ogni 30 minuti

Domenica: 11:00 – 17:30
Note: Turni di visita ogni 30 minuti

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