VOGHERA 20/03/2024: Lettere. Claudia Buzzi incontra gli alunni della IV di San Vittore
VOGHERA – Claudia Buzzi incontra gli alunni della IV di San Vittore. Lettera al giornale dell’insegnante Anna Gravino.
Più che un resoconto formativo, mi sia concesso condividere una breve racconto ove si intrecciano storia personale ed eventi professionali (anche se la sensazione, per una maestra quasi “over”, è che tra questi due mondi non ci sia mai stato uno iato ).
Erano gli anni della dirigenza della dottoressa Graziella Zelaschi, quando una collega, Claudia Buzzi, ricopriva l’incarico di collaboratrice del DS.
Figlia d’arte, e lei stessa artista, con le sue competenze e con la dolce assertività che la contraddistingueva era, tra le altre incombenze, una “figura chiave” per la socializzazione sul territorio di eventi musicali, connessi a progetti locali o di respiro internazionale: non una nota stonata risuona tra i ricordi di chi l’ha conosciuta.
Tra noi si era creato un rapporto molto più che lavorativo, non scevro da momenti di piccole discrepanze, ma sicuramente sincero perché basato sulla stima reciproca e sulla fiducia.
Quando Claudia andò in pensione fu, però, inevitabile perdersi di vista.
Anni di insegnamento e di formazione hanno saputo rendermi cosciente del peso determinante delle esperienze pregresse nella strutturazione della mia peculiarità professionale: è imperniata sull’interdipendenza tra micro e macro, tra sincronico e diacronico, tra conoscenze e competenze, tra legami umani e rapporti formali.
Nell’ottobre del 2023, rincontrare Claudia, e apprendere del suo progetto celebrativo della carriera teatrale paterna, non poteva non essere colto come un’occasione di ricaduta formativa per i bambini della mia attuale classe. Lei stava organizzando uno spettacolo per un “richiamo”, nella memoria locale, dell’arte di suo padre Beppe Buzzi, storico attore di Voghera e stava ,inoltre, allestendo un sito che potesse fungere da archivio biografico.
Da docente ho sempre attribuito molta l’importanza alla memoria storica : non monumentale né nostalgica, ma essenza culturale a cui le giovani generazioni devono essere accostate per una costruzione identitaria che sviluppa senso critico e promuove volontà di investimento pacifico sul destino planetario. Sono convinta che “non si possono realizzare appieno le possibilità del presente senza una profonda memoria e condivisione delle radici storiche”. La costruzione del sè avviene in una realtà “fatta di persone, di fatti, di eventi, del presente e del passato, di cui il presente è figlio.”
Quando si raccontano ai bambini eventi del passato, si contribuisce a renderli coscienti del potenziale della propria curiosità: stimolata e sostenuta, diventa volano di conoscenza , di relazioni imprescindibili tra individualità e collettività.
Quel giorno ho realizzato che Claudia provasse la stessa perplessità che altri testimoni di eventi passati hanno più volte sottolineato: il timore dell’oblio, la perdita della memoria storica locale o globale.
Si avvicinava la “Festa dei nonni”: Beppe Buzzi poteva essere adattato come “nonno” metaforico dai bambini.
Parlare di Claudia e di Beppe è stata un’opportunità dai risvolti persino inattesi.
Occhi sognanti, catene di inferenze, pensiero divergente all’opera: insomma voglia di scoprire e scoprirsi attraverso una forma di metafora narrativa di cui fortunatamente siamo portatori sani.
Si sono susseguite e condivise proposte che hanno dato vita ad percorso interdisciplinare: la scoperta della moda del passato, i giochi dei bambini, le case che non erano monadi ma favorivano legami di vicinato e poi il dopoguerra, le scelte maturate per necessità, le dinamiche familiari, le amicizie durate una vita come quella con Peppino Malacalza, la cura e la condivisione della passione per l’arte teatrale non potevano non sfociare in un appuntamento con il testimone.
A febbraio, Claudia è stata ospite in classe e ha lasciato che i bambini ponessero tutte, ma proprio tutte, le domande atte a soddisfare la loro curiosità. Più volte ho colto, nella suo sguardo, un’espressione di fugace tristezza e nostalgia per i suoi cari, ma la felicità che traspariva dalle sue battute mi rassicurava, lasciando che il dialogo tra lei e i bambini si svolgesse senza interruzioni.
Abbiamo appreso che l’arte del teatro è interpretazione e mai finzione sterile, è espressione di “ significati individuali e culturali”.
Il teatro per Beppe Buzzi è stato soprattutto un “impegno umano” dalle note filantropiche: “voleva far ridere”. E cos’è la voglia di far ridere se non una possibilità catartica per chi si libra in una sonora risata?
La risata, quella sana, è anche condivisione e sprone al superamento del contrasto.
Claudia è stata con noi due ore e anche nei giorni successivi ho raccolto ancora domande o riflessioni dei bambini: ci ha salutati con un arrivederci e un carico di regali, mentre sulla soglia dell’aula un timido sussurro l’accompagnava: “Che peccato che non reciti più!”.
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