PAVIA 21/02/2022: Università. Nuovo ricorso dell’Udu: “Tasse studentesche illegittime, l’Ateneo restituisca 2,4 milioni”
PAVIA – L’Unione degli Universitari trascina nuovamente l’Università di Pavia dinnanzi al TAR, ritenendo illegittime le tasse che l’ateneo pavese chiede ai propri studenti.
Nell’atto notificato all’ateneo, infatti, il Coordinamento per il Diritto allo Studio (UDU) lamenta l’ennesimo sforamento delle tasse richieste per l’anno corrente e chiede il rimborso di 2,4 milioni di euro.
Si arricchisce così il lungo contenzioso giudiziario sulla contribuzione studentesca che, negli ultimi dieci anni, ha fatto registrare al sindacato studentesco una lunga serie di vittorie. L’ultima sentenza è stata pubblicata nel luglio 2020, quando il Tribunale Amministrativo Regionale diede ragione al Coordinamento, riconoscendo l’illegittimità di una quota delle tasse richieste nel 2013 dall’Università di Pavia, pari a 4 milioni e 800 mila euro. I giudici confermarono inoltre come, nel gettito totale delle tasse, dovessero essere conteggiati sia gli studenti in corso, sia gli studenti fuori corso.
Le motivazioni del nuovo ricorso sono spiegate da Simone Agutoli, Segretario del Coordinamento: “Dal 2020 chiediamo un abbassamento dei contributi universitari. L’innalzamento della no-tax area nazionale ha infatti annullato il principale vantaggio di Pavia, ossia quello di avere una delle più alte percentuali di studenti esentati dai contributi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l’Università di Pavia è scivolata in fondo alle classifiche nazionali e, attualmente, si colloca al sesto posto in tutta Italia per il maggior gettito pro capite derivante dai contributi studenteschi e, addirittura, al secondo posto per il maggior gettito pro capite dagli studenti in corso. Si tratta di una tassazione fuori legge, in quanto l’ateneo pavese chiede complessivamente agli studenti 29,7 milioni di euro mentre ne potrebbe esigere soltanto 27,3 – pari al 20% delle risorse ricevute dallo stato come previsto dall’articolo 5 del dpr n. 306/1997”.
Per queste ragioni il Coordinamento per il Diritto allo Studio ha chiesto l’attivazione di un apposito gruppo di lavoro e presentato un’elaborata proposta di riforma del modello di contribuzione dell’Università di Pavia, chiedendo tra l’altro l’innalzamento della no tax area, la creazione di una low-tax area con meno rate da pagare, il potenziamento del bonus fratelli e la cancellazione delle tasse aggiuntive fatte pagare dagli studenti dell’area medica tramite una divisione dei corsi in due aree, anziché quattro.
“Si tratta di un intervento realizzabile” rassicura Melissa Meader, consigliera di amministrazione dell’Università “grazie alle risorse stanziate dallo Stato per la copertura dell’innalzamento della no tax area, utilizzate da altri atenei proprio per abbassare le tasse. Il Decreto Ministeriale 1014 dell’anno scorso ha infatti riconosciuto all’Università di Pavia un incremento di risorse pari a 1,8 milioni di euro. L’anno scorso abbiamo condiviso con il Magnifico Rettore la necessità di creare un fondo da un milione di euro a favore degli studenti. Per quest’anno, però, siamo convinti che non sia ulteriormente rimandabile l’abbassamento delle tasse studentesche”. La battaglia per avere un sistema universitario gratuito e per ottenere un allargamento del diritto di accesso alla conoscenza è d’altronde uno dei capisaldi dell’Unione degli Universitari.
Lo conferma Giovanni Sotgiu, Coordinatore Nazionale dell’UDU: “Pavia non è sicuramente un’eccezione, molti altri atenei chiedono ancora una contribuzione studentesca oltre il limite di legge. Nonostante l’innalzamento della no-tax area nazionale a 22mila euro, infatti, tutte le Università della Lombardia sforano il limite massimo del 20% di quanto ricevono dallo Stato in FFO. Da anni denunciamo il sottofinanziamento del sistema universitario e le tasse studentesche eccessive: in quindici anni sono aumentate in media dell’88%, andando a determinare un sistema che si regge pesantemente sulle spalle delle studentesse e degli studenti, più che sugli investimenti statali. Questa dinamica, in particolare a seguito della pandemia e della grossa crisi scaturitane, non è più sostenibile né accettabile. Per questo motivo sosteniamo convintamente il ricorso amministrativo contro l’Università di Pavia e chiediamo alle governance degli atenei fuori legge innanzitutto di ripristinare uno stato di legalità, agendo immediatamente per abbassare le tasse. I Rettori alzino piuttosto la voce nei confronti del governo e della Ministra Messa affinché il bilancio dello stato riconosca maggiori risorse all’istruzione e alla ricerca, ancora troppo carenti nonostante i recenti aumenti che, comunque, sono raramente destinati al miglioramento della condizione studentesca”.
Secondo la ricerca “Education at a Glance 2021” dell’OCSE, l’Italia nel 2018 si è collocata tra i dieci Paesi dell’Organizzazione ad aver speso la percentuale più bassa del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria. Nel 2018 ha speso il 4,1 % del PIL per gli istituti di istruzione da primaria a terziaria – cifra pari a 0,8 punti percentuali in meno rispetto alla media OCSE. La spesa pubblica annuale per studente a tempo pieno, al netto dei trasferimenti da pubblico a privato, in Italia è stata pari a 9.722 dollari nel 2018, rispetto ai 10.000 dollari in media nei Paesi dell’OCSE – dati calcolati in base alla parità di potere d’acquisto.
L’Unione degli Universitari ha intanto convocato una conferenza stampa per il 1° marzo 2022 a Milano. Durante la conferenza, presenterà una dettagliata analisi della contribuzione studentesca in Lombardia. Si tratta della prima indagine svolta sull’anno accademico 2021/2022 e contiene dei dati impressionanti: ad esempio, gli atenei lombardi chiedono agli studenti circa 80 milioni di tasse illegittime.
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