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VOGHERA 20/09/2016: Licenziamenti Cameron Grove. La partita non è solo sui posti di lavoro ma anche sulla sopravvivenza stessa dello stabilimento (“Quanto può resistere senza commesse?”). Sindacati al lavoro. Tensione fra i lavoratori

Settembre 20
13:11 2016

VOGHERA – Secondo giorno di mobilitazione (ce ne sono 75 prima che tutto diventi operativo) dei lavoratori della Cameron-Grove di Voghera contro i 160 licenziamenti decisi dalla proprietà. Secondo giorno di lotta e di blocco della produzione. Le maestranze come ieri hanno steso un cordone sanitario attorno allo stabilimento, bloccano i cancelli e respingono chiunque voglia entrate.

Come ieri si è presentato in via Betto anche il Plant Manager JeffConley. espressione della capogruppo americana Schlumberger. Pure lui, anzi, soprattutto lui, è stato fermato a colpi di fischi, grida e insulti, il tutto sotto l’occhio vigile di carabinieri e polizia di Voghera e di una squadra del reparto mobile di Milano.

Quando poco dopo la situazione si è calmata è iniziata un’assemblea. Dall’altoparlante portatile sono uscite parole di grande preoccupazione ma anche di grande impegno per giungere ad una soluzione  meno dolorosa di quella che si presenta e di quella che si prospetta.

Eh già, perchè il grande spettro che aleggia sull’attuale crisi dell’occupazione è la crisi dello stabilimento… la sua sopravvivenza.

“Le persone coinvolte in questa vertenza sono molte di più dei 154 annunciati (più 6 della Leeden ndr) – ha detto Nadia Zambellini della Cisl Fim -. Noi infatti non siamo qui solo per discutere dei licenziamenti, che sono già drammatici, ma stiamo chiedendo all’azienda di confrontasi per salvaguardare questo gruppo, che deve avere una prospettiva e che non ci sarà se non ci saranno i lavoratori”.

Zambellini rivela poi che nell’incontro di ieri “l’azienda ci ha detto che si aspetta di avere in previsione 90 milioni di commesse l’anno”.

“Il problema – ha aggiunto – è che nel 2016 ne sono stati raccolti per il 2017 25”. Poi la domanda: “Qualcuno sa dirci di quante persone c’è bisogno per fare 25milioni?”. “Cinquanta!” la risposta che è arrivata dalla platea dei lavoratori, cui fanno eco le parole di una lavoratrice che, condividendo la preoccupazione parla di “azzeramento del comparto commerciale”.

Pronto alla lotta e alla denuncia anche CarloBossi della Fiom Cgil. “Il prossimo incontro sarà giovedì 26 di settembre. Nostro obiettivo sarà quello di fare un accordo che salvi il lavoro e un po’ di posti di lavoro… vorrei dire tutti ma è una speranza”, dichiara.

Bossi, viste le intemperanze dei primi minuti del presidio, ha anche invitato alla “calma” e alla “lucidità” nella lotta. “Se vogliamo avere degli appoggi anche politici, avere visibilità e l’attenzione dell’opinione pubblica – ha raccomandato –  dobbiamo sempre essere nel giusto e portare le ragioni dalla nostra mobilitazione”.

Zambellini poco, alzando la voce, girandosi, e rivolgendosi ad un gruppetto di lavoratori che si teneva a distanza dalla platea in agitazione, ha sollevato (dopo il destino della fabbrica e la questine della modalità di lotta) la terza grande questione di questi primi giorni di lotta: la divisione fra i lavoratori, aspetto molto sentita dagli scioperanti.

Zambellini, ai colleghi “che stanno dall’altra parte”, ha detto che “non c’è un’altra parte. C’è solo il lavoro da recuperare per tutti, e questa battaglia è fatta da tutti i lavoratori”.

All’assemblea è intervenuto anche Gianluigi Sgorba, della segretaria confederale della Cisl, delegato per l’Oltrepo. Sgorba, riferendosi anche all’indotto che sarà colpito dalla crisi della Cameron, ha sollecitato a considerare quella in atto “una battaglia che riguarda tutto l’Oltrepo”, ed ha annunciato: “Chiederemo alle altre categorie di essere con noi.”

Il presidio dello stabilimento vogherese che produce valvole per gli oleodotti dunque prosegue. I lavoratori si sono organizzati con gazebo sotto cui ripararsi e punto di ristoro. Si preannunciano 70 giorni caldi: fra rabbia, delusione e speranza… sentimenti di un popolo di lavoratori che sembra sentirsi tradito da quella organizzazione che fino a non molto tempo addietro veniva percepita come la vita, presente e futura. Vita e futuro che ora, fra crisi mondale del petrolio e manovre geopolitiche della grandi potenze, sembrano essergli stati rubati.

 

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