BEREGUARDO 21/03/2016: Ponte di Barche. AtelierTransito ribadisce il no al progetto che modifica il corso del fiume
BEREGUARDO – Continua la polemica sorta tra gli enti territoriali che si stanno occupando del futuro del Ponte di Barche di Bereguardo e l’associazione AtelierTransito, che ha fatto della vicenda “una questione di principio sul rapporto tra infrastrutture e paesaggio, e su come operare in esso”.
Recentemente sul caso è uscito un articolo sul Corriere della Sera, che rende pubblici i contenuti del progetto che dovrebbe risolvere il problema (“in realtà uno studio di fattibilità, denominato “Rivalutazione idraulica e geoambientale del tratto del Fiume Ticino dalla loc. “Tenuta Occhio”, al ponte di barche, tra i comuni di Zerbolò e Bereguardo”, presentato al tavolo tecnico-politico della Provincia di Pavia, 09 Novembre 2015, che comunque ci è noto integralmente”, commenta Atelier).
A fronte del progetto (che punta a modificare il corso del fiume) l’associazione ribadisce la sua contrarietà.
LA PROPOSTA DI ATELIER
Nel Luglio del 2015, AtelierTransito aveva risposto, alla situazione di stallo riguardante il continuo degrado di questo manufatto, con una proposta polemica, che prevedeva di lasciare al ponte storico una funzione viabilistica ciclopedonale, trasferendo la viabilità strategica su un nuovo manufatto a valle del ponte di barche, e un’accentuazione della sua funzione simbolico-paesaggistica, capace di implementare intorno ad essa le attività di natura turistica, ricreativa, sportiva e naturalistica.
Le prese di posizione in gioco, infatti, oscillavano paurosamente, tra coloro i quali avrebbero voluto smontarlo o distruggerlo, costruendone uno nuovo al suo posto, e chi invece avrebbe voluto adeguarlo di anno in anno al transito dei moderni veicoli a motore (fino a 3,5t.) per il quale è inadeguato, con esorbitanti costi di manutenzione ordinaria e straordinaria.
IL MOTIVO
Per noi di AtelierTransito, andava in qualche modo distinta la sua valenza storico-monumentale, paesaggistica e turistica, da quella strategico-viabilistica , con un nuovo manufatto che si inserisse nel Parco attraverso un maturo rapporto tra paesaggio e infrastrutture, un atteggiamento capace di superare d’un colpo, le nostalgiche, e in definitiva paralizzanti, posizioni degli ambientalisti nostrani da una parte, e dall’altra, di uscire dalle secche politico-decisionali che sfociano in qui provvedimenti d’emergenza, che, come sempre accade in Italia, permettono di operare sul corpo vivo del territorio attraverso una totale e irresponsabile de-regolamentazione.
LA SOLUZIONE PROSPETTATA
La risposta data dalle Istituzioni e degli enti territoriali preposti invece, è stata quella di un progetto basato sulla paradossale modificazione dell’attuale corso del fiume – un fiume, lo ricordiamo, di natura torrentizia, il cui alveo è da sempre caratterizzato da improvvise modificazioni dovute alla sbandamento e trasformazione del suo corso principale e delle sue ramificazioni secondarie, che determinano la formazione di lanche, o bracci morti, all’interno delle zone di resilienza boschive che lo delimitano.
COME FUNZIONEREBBE
In sostanza si vorrebbe cambiare il corso del Ticino, andando a riaprire, a monte del ponte, uno di questi canali ormai morti, e che modificando l’andamento del flusso principale delle acque, trascinerebbe a valle la ghiaia che non permette alla celebre infrastruttura di galleggiare: come se i motivi del suo continuo dissesto fossero ascrivibili unicamente al suo galleggiamento, e non invece a un ad un intreccio di motivi tra i quali, l’inadeguatezza dell’infrastruttura, proprio al moderno traffico veicolare (che non è certo quello del 1930, quando appunto il flusso principale insisteva su braccio morto che oggi si vorrebbe riaprire).
La spesa totale prevista, andrebbe ben oltre i due milioni di euro. Questo, secondo gli autori, il significato del progetto: “Il fiume fino al 1930 passava da lì. Il nostro intervento punta a riconvogliare il corso d’acqua in quel tratto. Un’operazione che evita interventi invasivi e arbitrari e preferisce invece recuperare la storia naturale del parco”.
LA CRITICA
Una Storia invece, lo vogliamo ribadire, ma è lo stesso studio ad evidenziarlo, caratterizzata dalla discontinuità geo-morfologica, e dalla trasformazione paesaggistica.
Un unico principio dovrebbe stare alla base di un rinnovato rapporto tra uomo e natura: quello che impone all’uomo di esserlo degnamente, e che lascia svolgere alla natura, il ruolo che essa ha da sempre interpretato.
COSI CI SI SOSTITUISCE ALLA NATURA
In questo progetto, invece, la mano dell’uomo non addomestica dolcemente la natura, ma si sostituisce ad essa deformandola pesantemente, proprio nel momento in cui, e di questo dobbiamo rammaricarci, quella stessa mano non è in grado di intervenire su di essa con maturità e coscienza, inserendo i suoi artefatti con delicatezza e precisione, quegli stessi artefatti che caratterizzano da secoli l’operare umano, e che hanno prodotto strabilianti pezzi di paesaggio, contraddistinti per l’appunto, da un equilibrio tra artificio e natura che non riusciamo più neanche a comprendere, divisi come siamo tra la presunzione di sostituirci ad essa e l’incapacità di essere uomini.
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