GARLASCO 12/12/2015: Omicidio Chiara Poggi. La Cassazione condannare definitivamente Stasi a 16 anni. Ma la sentenza è controversa. Persino l’accusa aveva chiesto di non procedere con la condanna ma di rifare il processo
GARLASCO – Potrebbe passare alla storia come una delle condanne più incerte della storia della giustizia italiana. Indagini infarcite di errori. Due assoluzioni (il 17 dicembre 2009 per insufficienza di prove; e il 7 dicembre 2011 in Appello) e persino la richiesta conclusiva della pubblica accusa in Cassazione (ieri 11 dicembre 2015) di rifare il processo d’Appello.
Nonostante ciò, la V sezione penale della Cassazione questa mattina ha condannato definitivamente Alberto Stasi a 16 anni (condanna comminata il 17 dicembre del 2014 dai giudici della prima Corte d’Assise e d’Appello di Milano) per la morte violenta della fidanza Chiara Poggi (avvenuta il 13 agosto del 2007 nell’abitazione di Garlasco).
Proprio ieri, come detto, il procuratore generale della Cassazione Oscar Cedrangolo aveva chiesto “L’annullamento con rinvio” della condanna a 16 anni, oltretutto solo per “una questione di scrupolo e rispetto nei confronti del grido di dolore di tutte le parti”, perchè lui avrebbe preferito un “annullamento senza rinvio”.
Cedrangolo aveva parlato e di una “debolezza dell’impianto accusatorio”, spiegando anche che “se l’imputato è innocente che sia assolto, se è colpevole che abbia una pena adeguata (durante il processo d’appello infatti, nonostante l’omicida sia stato definito spietato, è stata esclusa l’aggravate della crudeltà: da qui l’irrogazione di una pena non pesantissima per il tipo di morte fatta dalla povera chiara: 16 anni. Su questo il Pg aveva parlato di spettacolarizzazione del processo di inquinamento delle capacità di giudizio dei giudici, togati e popolari, e di condanna relativamente mite arrivata per dare un colpo al cerchio e uno alla botte.ndr)”.
Il procuratore generale nella sua requisitoria aveva evidenziato molte delle carenze e le incongruenze del processo: l’“assenza di movente” “costruito ad arte”; la condanna “senza indizi certi e concordanti”, la scena del delitto inquinata prima dell’arrivo dei Ris (“24 persone sono entrate a villa Poggi dopo la scoperta del cadavere”); le impronte del ragazzo nella villetta Poggi (“l’imputato nella casa ci mangiava, dormiva, faceva l’amore. Non aveva interesse a cancellarle”).
Questo e altro però non sono valsi a far propendere, non solo per l’assoluzione ma neppure per il rifacimento del processo la Corte di Cassazione. Supremo Organo di giudizio italiano che, detto per inciso e a completamento del quadro poco chiaro, dovrebbe fare valutazioni di legittimità e non di merito, cosa che non è stata così evidente nel caso Stasi.
Commenti